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L'io dei filosofi e l'io dei narratori. Da Goethe a Proust by Stefano Poggi

By Stefano Poggi

L. a. rappresentazione della natura umana offerta dai grandi narratori è spesso così efficace da gettare luce sulle speculazioni dei filosofi. Scrittori come Goethe e Rousseau, Henry James e Proust sono riusciti a rendere palpabile los angeles complessità dell'esperienza individuale anticipando i risultati dell'indagine scientifica. Se il confronto su cosa debba intendersi consistent with "soggettività", "io", "coscienza" è al cuore della riflessione filosofica, d'altro canto le proceed sovrapposizioni con le varied prospettive di ricerca, psicologica, antropologica, sociologica, religiosa, hanno reso i termini di questo confronto assai vaghi. Di qui los angeles scelta dell'autore di concentrare l'attenzione su alcuni dei momenti in cui il complesso rapporto tra filosofia, scienza e letteratura ha preso forma e consistenza particolari in un arco di pace che rappresenta il culmine della modernità.

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In realtà, quelle sensazioni, quelle pulsioni, quei desideri rappresentano, nelle reazioni inconsapevoli che producono nell’interiorità dei personaggi medesimi, il filtro, la vera e propria lente deformante attraverso cui quell’interiorità viene vissuta ed esplorata da una coscienza perennemente esposta al rischio dell’illusione. Non è una sola, ma sono “milioni, tanto numerose che è impossibile contarle” - scrive Henry James nella prefazione a Ritratto di signora - le finestre che si aprono nella “casa del romanzo”.

In realtà, quella che in ogni caso è una nuova configurazione del confine, della tensione tra esterno e interno, fa capire con chiarezza che di uno dei due poli di quella tensione - quello che appunto indichiamo come l'interno - abbiamo una cognizione comunque più diretta. Ciò avviene per l’ovvia ragione che esso è costituito dal nostro corpo come nucleo di aggregazione di quelle risposte alle stimolazioni della realtà circostante che ci fanno costruire come una mappa della medesima. In questa mappa ci orientiamo in base a segni, a simboli per noi comunque intelligibili, al di là di quello che può essere il loro carattere convenzionale.

Come in Goethe già era venuto delineandosi, è in primo luogo proprio lo studio del processo della visione, l’esame della struttura e del funzionamento dell’occhio, a contribuire in modo determinante al sostanziale abbandono della concezione della conoscenza come atto fondato su una soggettività capace di un’intuizione pura e immediata, dall' interno, di quanto le si presenta, all'esterno, come oggettività da essa completamente, integralmente separata. Solo un grossolano fraintendimento di quale, per Goethe, sia l’effettiva natura della luce - natura semplice e ovunque diffusiva di se medesima - può far trovare sorprendente tutto questo.

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